venerdì 22 settembre 2017

Sono sordo mica scemo






Press-In anno IX / n. 2085 
Rockit.it del 24-08-2017
Non solo Beethoven: la storia di Brazzo, il rapper sordo

Intervista. 

I sordi che ascoltano musica? Un'assurdità; farla poi...ma come? La risposta ce la danno gruppi e artisti appassionati come Brazzo, che per nulla al mondo, nemmeno un deficit sensoriale, sono dispostii a perdersi qualcosa della loro bella vita: tra queste la musica. Abbandonato il mito di Beethoven si scopre che “ci sono molti modi” anche per sentire la musica, perchè dove non arriva l'udito ci sono occhi, mani e cuore... 

Ciao Brazzo, presentati a Rockit: come ti chiami, da dove vieni e ... se sei sordo dalla nascita?
Ciao! Sono Brazzo, all’anagrafe Francesco Brizio. Sono nato a Taranto e vivo a Milano da 8 anni dove attualmente lavoro in una compagnia assicurativa.
E sì, sono sordo dalla nascita!

Quando è nata la tua passione per la musica?
Essendo sordo non è una vera e propria passione: io sono una persona molto curiosa e questo mi ha spinto a fare qualcosa di nuovo. La mia è una sfida personale. È stato un lungo percorso quello dell’approccio con la musica che ho vissuto con l’aiuto di una logopedista, tra l’altro mia carissima amica. Poi grazie allo studio Realsound ho raggiunto il mio primo traguardo: cantare e realizzare i videoclip. 

Possiamo parlare di “ascolto” della musica anche per i sordi?
Noi non sentiamo le voci in una canzone ma ne avvertiamo i suoni forti, riusciamo a percepirne le vibrazioni. Quindi grazie al dettato delle parole riusciamo a “tradurle” in lingua dei segni.

Perché hai scelto proprio il genere del rap?
Di musica conosco pochissimo, mi appassiono alla lettura dei testi di vari cantanti. Ho scelto il rap perché mi rappresenta, ed è uno dei generi musicali che consente di affrontare qualsiasi tema.

Quale è il tuo artista di riferimento?
Fabri Fibra, è un fenomeno sia per le sue rime sia perché scrive ciò che vede non ciò che pensa. Qualche anno fa aveva anche supportato la LIS: per me è un esempio, sarei onorato di conoscerlo. 

Come si può “far vedere la musica”?
A noi sordi, cantando in lingua dei segni, con le nostre mani e con le nostre espressioni. 

Possiamo dire che la LIS è anche una lingua musicale? Come si costruisce il ritmo e la melodia di una canzone?
La LIS non è una lingua musicale, ma è una lingua vera e propria che ha una sua struttura e sintassi. Vanno studiate come tutte le altre lingue. Io per esempio scrivo il brano imparando a memoria il ritmo, quindi traduco le canzoni in lingua dei segni. 

Negli Stati Uniti ci sono degli interpreti specializzati nella traduzione simultanea dei concerti con risultati entusiasmanti non solo per i sordi ma anche per gli udenti che ne restano affascinati: hai mai pensato a un concerto del genere?
Non solo interpreti, ci sono anche cantanti sordi rapper abbastanza noti che partecipano a vari concerti in tour per il mondo. Un giorno, mi piacerebbe avere lo stesso successo. 

Dopo il tuo primo singolo “Sono sordo mica scemo” hai in programma un album: quando uscirà? 
Si, sto progettando un album interamente cantato e segnato. Non sappiamo ancora la data di uscita e il lavoro si svolgerà presso lo studio Realsound: accanto a me ci sarà una ragazza che mi farà da metronomo per darmi tempo e ritmo. 

In Italia la LIS e la sordità in generale hanno ancora molta strada da fare non solo per un riconoscimento legislativo ma anche sociale: cosa bisognerebbe fare per dare un vero contributo?
Io ho dato una grossa scossa con il mio brano “Sono sordo mica scemo”: ho voluto provocare, rivelare i nostri disagi sociali, chiedere più integrazione perché siamo emarginati dalla vita sociale. A volte i sordi vengono esclusi dal mondo: ma noi possiamo fare tutto, non solo nella musica ma anche competere nello sport in massima serie, entrare nel mondo della televisione, dello spettacolo e della moda perché come dice la canzone “in fondo siamo tutti esseri umani”. Bisognerebbe assicurare la piena integrazione delle persone sorde nella vita collettiva. Ed è per questo che ho voluto cantare e segnare, per dare un messaggio forte a tema sociale, al fine di agevolare il riconoscimento della nostra lingua. È un nostro diritto ed è il nostro unico modo/mezzo per comunicare. Per noi segnare equivale a parlare, è la nostra lingua naturale. Sono nato sordo e accetto serenamente la mia sordità, ma la società italiana ci ha impedito di andare oltre, siamo esclusi dal mondo sociale e culturale. La TV di Stato non ci permette di avere i sottotitoli in tutti i canali, nonostante, come tutti, siamo tenuti a pagarne il canone. Manca l’accessibilità negli uffici pubblici e servizi di interpretariato nelle scuole. La conoscenza è fondamentale, ma noi ci siamo sempre dovuti arrangiare da soli.

(di Francesca Ceccarelli)



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